A proposito di teatro

 

Proponiamo ai nostri lettori le riflessioni di alcuni studenti di seconda media, tratte dai loro temi in classe, a proposito del laboratorio di teatro condotto quest’anno su I libri della giungla di R. Kipling, effettuato durante le ore di italiano in collaborazione con l’attore Stefano Braschi.

Uno spettacolo fatto bene diventa la storia che prende vita, anche se realizzato da ragazzi della nostra età. (Marta)

Da precedenti esperienze nel campo, mi aspettavo che Stefano Braschi sarebbe arrivato con dei copioni e ci avrebbe assegnato le parti, ma invece come prima cosa ci ha fatto scegliere una piccola da fare a gruppetti e di presentarla al resto della classe. Successivamente ci siamo seduti in cerchio sul palco e Braschi ci ha fatto alzare uno alla volta e dire il nome di un personaggio del testo letto in classe e farne un gesto che ricordi quel personaggio. Io ho eseguito tutto, ma all’inizio non ne comprendevo l’utilità; poi, alla fine di tutto il lavoro, ho capito che senza quegli esercizi non avrei mai potuto recitare perché è essenziale saper tenere una certa postura, immedesimarsi nel proprio personaggio e viverlo. (Matteo)

Abbiamo proposto due spettacoli, uno l’otto aprile per i genitori, e l’altro per i ragazzi di altre scuole il dieci aprile, entrambi al Teatro Fontana di Milano. Sono venuti benissimo tutti e due, ma sinceramente io ho preferito quello con i genitori e i professori, perché desideravo stupirli e dimostrare loro che la mia classe ed io abbiamo un valore, in particolare alla Preside, la quale ci rimprovera spesso perché siamo troppo irrequieti. Il mio desiderio è stato esaudito pienamente in quanto sia lei sia alcuni genitori si sono commossi. (Giulia)

Da questo lavoro ho capito molto, ho capito che, come un pianta grassa che all’inizio è brutta e triste, alla fine a primavera, nasce il meglio, nasce quel fiore tanto desiderato, bello e anche se dura poco, bisogna notarlo subito ed essere felici anche se dura poco, perché l’importante è che nasca e che alla fine si veda, perché quel che è vero, dura, e questo credo sia la definizione e la similitudine di teatro e della mia casse. (Caterina)

Io personalmente ho capito meglio il percorso di Mowgli che parte dall’essere un abitante della giungla fino a tornare dagli uomini attraverso un lungo periodo di sconforto. Egli “non sa più cosa sa”, come dice Kipling, è stato scacciato sia dalla giungla che dagli uomini, ma vuole tornare sia nella Giungla che nel villaggio. Un capitolo è dedicato a questo enorme angoscia. In esso Mowgli fa una lunga corsa di primavera per sfogarsi e alla fine decide di ritornare dagli uomini. Mentre leggevo non avevo capito questa terribile angoscia, pensavo fossero solo delle voglie passeggere, ma provando a recitarlo ho capito, anche grazie a Barbarossa che ha recitato molto bene, che era una sensazione che lo rodeva dentro. Una sensazione terribile: il Ranocchietto faceva qualcosa ma non sapeva perché la faceva, non riusciva più a resistere, era qualcosa che lo struggeva. Grazie al teatro sono riuscito a cogliere la profondità del libro e mi sono reso conto di come Kipling, attraverso gli animali, ha spiegato i nostri comportamenti, le nostre caratteristiche. (Giovanni)

Ad ogni lezione di teatro uno cresceva, non fisicamente ma dentro di sé perché, a differenza di come li vedo in classe, sul palco i miei compagni sembravano essere delle persone completamente diverse: mature e adulte. Ognuno dava il meglio di sé, forse anche per un po’ di competizione, ma non avevo mai visto quel loro aspetto di precisione e puntualità: questo perché in classe ci sono persone che fanno sempre confusione, sono sempre disordinate, e dunque, finché uno non si impegna veramente in quello che fa, non potrà mai dimostrare di essere un ragazzo preciso; ma nel teatro lo erano tutti. […] Ora, riguardando la frase che ha aperto l’anno scolastico “Vuoi un cuore sveglio o un cuore addormentato dalle cose?”, mi viene in mente l’esperienza del teatro, perché solo lì si vedeva che ogni singola persona, compresa me, diceva il suo no, la propria disapprovazione ad avere un cuore addormentato. E nello stesso tempo ognuno esprimeva il proprio desiderio, la propria disponibilità ad imparare e a diventare grandi veramente. (Lucrezia)

Grazie al teatro mi sono “alzato” perché prima era come se fossi stato sdraiato: tutto mi passava sopra e io non afferravo niente; dopo aver iniziato il lavoro di teatro, invece, mi sono reso conto che qualcosa mi stava rendendo libero. […]…ora non sono più sdraiato, sono seduto e qualcosa afferro; però questo vuol dire che devo fare un altro passo che non ho ancora fatto. Alla fine del teatro tutti i miei amici e parenti mi dicevano: sei stato bravo, lo spettacolo è stato fantastico. A me tutto questo non importava per nulla, ciò che mi interessava era quella reazione avvenuta in me, il mio cambiamento. (Giovanni)

In questo periodo ho notato nella mia classe un piccolo cambiamento: un po’ di collaborazione. Cosa che prima, in classe, non avevo visto spesso. Ho visto dei miei compagni che al posto di essere distratti come in classe, erano attenti e vedevo che erano disposti ad affrontare il lavoro del teatro. […] Nella mia classe ho notato, oltre alla collaborazione, la voglia di fare; e la sera dello spettacolo, quando tutti eravamo eccitati, ci sostenevamo a vicenda: ognuno dopo la propria scena, dietro le quinte, riceveva i complimenti degli amici e questo a me ha colpito molto. Spero che si sarà un’altra occasione per vedere la mia classe così “sostenitrice” nei confronti dei proprio compagni. (Elisabetta)

La cosa che mi è piaciuta di più del lavoro con l’attore Braschi e il professor Nembrini è stato il fatto che si capiva quanto tenessero soprattutto a trovare un modo per farci mettere qualcosa di nostro nel lavoro, per farci esprimere noi stessi, per farci staccare dalla nostra timidezza e così capire meglio qualcosa su di noi. Io credo che questo per qualcuno tra noi sia realmente accaduto. Infatti alcuni, fidandosi di Braschi e interpretando in modo sincero i personaggi, hanno rivelato un grandissimo talento e credo proprio che si siano conosciuti un po’ meglio scoprendo questo nuovo aspetto della loro persona (Sofia)

Una nuova scoperta è stata il fidarci delle cose che ci propongono i professori e capire che se ci viene proposto qualcosa, ci si deve stare perché qualcuno prima di te se ne è innamorato, e vuole raccontartelo, fartelo provare sulla tua pelle. (Pietro)

Ho notato nella nostra classe una unità, in alcuni momenti, che nei due anni di medie non avevo mai visto. Per esempio nella scena inziale in cui dovevamo muoversi e parlare insieme, sembrava difficile riuscirci, ma ce l’abbiamo fatta, perché, secondo me, ci siamo aiutati. Questo lavoro mi è piaciuto molto perché mi ha fatto vedere cose dei miei compagni che non avevo mai visto. (Michele)

La classe è riuscita ad essere più unita grazie al fatto di avere combattuto per un ideale, cioè lo spettacolo riguardante i Libri della Giungla. Quando abbiamo iniziato questo lavoro, ci pesava e non esercitava su noi alcun interesse. Però con il tempo abbiamo trasformato questa pigrizia nel desiderio di costruire qualcosa insieme e che ci associasse. Volevamo dimostrare che anche tutti noi, dopo le tante noie che abbiamo procurato alla scuola, possiamo inventare, con l’aiuto di qualcuno, qualcosa di straordinario. Credo che rispetto a prima siamo davvero diventati tutti più uomini. (Giovanni)

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