Tre novelle in scena
In maggio gli alunni delle classi seconde si sono esibiti in uno spettacolo teatrale, presso il teatro Sala Fontana, nell’ambito della tradizionale rassegna per ragazzi Festival Platform. Oltre al Sacro Cuore altre scuole medie di Milano e dintorni hanno messo in scena uno spettacolo, ispirato a testi epici e alla grande letteratura della nostra tradizione.
Le classi del Sacro Cuore hanno presentato tre novelle del Decamerone di Boccaccio: Chichibio e la gru, Andreuccio da Perugia e Federigo degli Alberighi. Il lavoro di preparazione è durato quasi tre mesi mettendo a dura prova l’attenzione degli studenti e la bravura dei professori di lettere, nel creare le scene delle novelle: il primo passo è stato lo studio e la comprensione del testo letterario, seguito dalla lettura ad alta voce dei brani e, settimanalmente, le prove nel teatro della scuola, sotto la supervisione di Stefano Braschi, attore regista che da anni segue l’attività teatrale della scuola.
Le novelle sono state riproposte il 5 giugno per le famiglie degli studenti con la pubblicazione dei seguenti commenti dei ragazzi sul laboratorio svolto.
Confrontarsi con i testi del Boccaccio è stata un’esperienza unica ed indimenticabile, soprattutto nel momento in cui una semplice battuta diventava un insegnamento per la vita. Ad esempio quando Federigo sacrifica tutto per colei che ama, al punto tale da subire anche le più dure o difficili conseguenze: “Quando si ama sinceramente qualcuno si è disposti a dare tutto quello che si ha anche a costo di rimanere senza le cose più care”. (Ludovica)
Questa esperienza in teatro ci ha aiutato a imparare a lavorare insieme, come una squadra vera e propria. Infatti in una squadra ci si aiuta, ogni componente è molto importante e fondamentale perché si possa svolgere un buon lavoro: ognuno è responsabile di ciò che deve fare personalmente, oltre che di quello che deve fare la propria squadra. (Chiara)
Questo lavoro ci ha permesso di leggere dei testi di un grande scrittore e di immedesimarci nei personaggi in modo da capire meglio la storia. (Sofia)
Durante le prove dello spettacolo speravo sempre che non ci fosse abbastanza tempo per provare la mia parte. Notavo che alcuni miei compagni recitavano con il sorriso, erano disinvolti nell’interpretare la loro parte. Anche se si trattava di scene un po’ buffe, loro non se ne preoccupavano ma prendevano la cosa con grande spirito. Questo mi ha portato a pensare: “Perché loro recitano divertendosi e io sono restia a farlo?” Allora ho capito che quando ero sul palco non dovevo essere più Beatrice, ma il personaggio che interpretavo (Brunetta), e che non dovevo essere timida ma disinvolta e trasmettere allo spettatore il mio entusiasmo, invogliandolo a seguire con attenzione la novella. Questa esperienza teatrale mi ha aiutato a superare la mia paura di parlare davanti a un pubblico. (Beatrice)
Prima dello spettacolo ero molto agitata perché con la mia battuta davo inizio allo spettacolo, e se la avessi esposta male non avrei dato sicurezza ai compagni. Poi mi sono detta: “Se sono qua vuol dire che voglio presentare una cosa bella per qualcuno”. Alla fine dello spettacolo ero soddisfatta perché sapendo di dover recitare per qualcuno ho detto le mie parti con sicurezza e coraggio. (Francesca)
Le novelle di Boccaccio mi sono inizialmente risultate difficili perché la lingua utilizzata non è l’italiano utilizzato ai nostri giorni. Tuttavia, dopo aver lavorato in teatro recitando io stesso, ho capito meglio il senso delle novelle. (Matteo)
Avevo paura di sbagliare le battute anche perché in una novella ero uno dei personaggi principali e perciò la sera prima della recita non ero riuscito a dormire, ma il giorno dopo è filato tutto liscio e lo spettacolo è venuto benissimo tanto che alla fine abbiamo ricevuto degli applausi scroscianti dal pubblico e io mi sono portato a casa il fatto di essere più sicuro di me stesso. (Michele)
All’inizio dell’esperienza di teatro pensavo che mi sarei annoiato e che non sarebbe stata un’esperienza molto positiva. Quando poi ho cominciato a recitare seriamente, ho capito che il teatro non è un luogo dove devi dimostrare agli altri quanto sei bravo, ma è un’occasione dove ci si mette alla prova e ci si emoziona. (Riccardo)
Questo spettacolo mi ha insegnato a recitare e a non vergognarmi davanti a numerose persone e a collaborare con i miei compagni per uno scopo unico, infatti se solo uno di noi non avesse collaborato dando il massimo, il “puzzle teatrale” non si sarebbe formato e il risultato non sarebbe stato altrettanto bello. (Luca)
Io e i miei compagni siamo molto soddisfatti di quello che abbiamo fatto e questo ci è servito a trovare anche un nostro nuovo lato che non avevamo mai scoperto: il coraggio di non aver timore e di divertirci immedesimandoci in modo divertente nelle storie. (Alice)
Più andava avanti più ognuno cercava di dare il meglio di sé, indaffarandosi nel trovare materiale, costruendo le maschere e partecipando allo spettacolo. La partecipazione di tutti è stata un elemento fondamentale: senza di essa sarebbe crollato lo spettacolo. Questo lavoro mi ha permesso di stringere un’amicizia con i compagni, ha lasciato sbocciare il talento di ognuno. (Carolina)
Il nostro obiettivo era quello di far capire al destinatario la storia e trasmettergli qualcosa. Durante le prove, i nostri errori più frequenti non consistevano nello sbagliare una battuta, ma nel non saperla raccontare; abbiamo dovuto imparare a dare spazio sia alla parola, sia al movimento. (Elisabetta)
Quando reciti un personaggio e devi dargli un’anima, devi far capire a chi ti osserva e ti ascolta chi è il soggetto del racconto, devi metterti in gioco e assumerti delle responsabilità. Recitare sotto questo aspetto, diventa essere e non fingere di essere. (Chiara)
È stato davvero utile elaborare questo spettacolo in quanto, oltre al divertimento, ci è stato consentito di approcciare qualcosa di nuovo, tirare fuori la capacità di mettersi in gioco che forse era rimasta nascosta. Il professore e Braschi ci hanno aiutato a mettere in campo le nostre abilità di ragazzi. Hanno trasformato il teatro in una specie di gioco, in cui ognuno può diventare chi vuole. (Nicolò)
È stato molto complesso immedesimarmi in questo personaggio; Andreuccio, infatti, è una persona molto ingenua, vanitosa, sciocca e sfrontata. Stefano durante le prove ha dovuto richiamarmi e correggermi più volte poiché non riuscivo a recitare in maniera che lo spettatore potesse comprendere il testo, e anche perché mi vergognavo e non ero completamente presente mentre dicevo la battuta e mi muovevo. Confrontarmi con le novelle di Boccaccio mi ha insegnato anche cosa significa approfondire l’analisi di un testo, soffermandosi sulle parole e cercando di coglierne il significato. (Andrea)
Ricordando la fatica che avevo fatto all’inizio per capire le novelle, mi domandavo come avremmo fatto a farle capire a compagni della nostra età che non le avevano analizzate prima. Per superare questo ostacolo ci siamo dovuti impegnare molto a utilizzare messaggi non solo verbali, come il tono della voce, i movimenti del corpo, l’espressione del viso: in questo modo lo spettacolo è diventato ancora più bello. (Jacopo)
Imparare movimenti precisi e pensati, pronunciare alcune frasi dell’epoca, imparare le reazioni da avere al momento giusto non lasciando niente al caso: sono state queste le chiavi dello spettacolo. Tutto ciò ha richiesto una totale presenza e coinvolgimento di ciascuno di noi sul palco per la durata di tutto lo spettacolo. (Stefano)
Su tutto ha prevalso l’emozione mia e dei miei compagni di salire su un palco: quasi per tutti era la prima volta, e avremmo dovuto rappresentare un testo non semplice. Il teatro è un mondo molto stimolante, utile a far crescere noi ragazzi e a tirar fuori doti nascoste che ciascuno di noi ha, come la capacità di trovarsi davanti a sconosciuti a raccontare una storia. È stata sicuramente una bella esperienza. (Chiara)
In quest’esperienza di teatro ho capito che, mettendosi alla prova e impegnandosi, tutto si può raggiungere. Confrontandomi con i testi di Boccaccio ho scoperto un nuovo genere letterario, la novella, che mi piace la letteratura, e che non temo scrittori di alto livello come Boccaccio. Nel complesso lo spettacolo è riuscito nonostante qualche incidente di percorso (alcuni miei compagni si sono dimenticati la parte), ma il desiderio di piacere al nostro regista e attore Braschi ha avuto la meglio. Infatti, quando ci si trova davanti a un grande maestro, è naturale smettere di parlare o ridere e ci si impegna e ci si mette in gioco anche quando non si è il protagonista in scena!! (Matilde)
In questa esperienza innanzitutto ho migliorato la mia capacità di memorizzare e ho capito alcune cose: la prima è che, per far immedesimare il pubblico e fargli capire ciò che stai dicendo, prima devi capire tu cosa stai narrando, quindi, quando impari le parti, non solo devi fare un sforzo mnemonico, ma devi anche comprenderne il significato; la seconda è che certe volte i gesti pertinenti alla scena parlano da soli ed a volte servono per far capire al pubblico chi sta per parlare. (Matteo)
Le prove generali sono il momento di maggior tensione perché è là che ti accorgi degli sbagli più gravi e allora sei costretto a ripensare tutto lo spettacolo. Prima che si aprisse il sipario il cuore mi batteva forte come se volesse uscire, e le battute, mi ricordo, le avevo lì, proprio lì; improvvisamente però un vento me le spazza via nei meandri più oscuri della mia testa, come quando hai delle biglie ma arriva tua sorella e te le sparge via tutte per la sala; in sala, però, non ero solo: avevo tutta la stima, la fiducia, dei miei compagni, allora le biglie sono tornate nel sacchetto ma più spendenti che mai: con le battute fluide ero padrone di me stesso. (Tommaso)
Interpretare pienamente la propria parte è stato molto difficile per la mancanza di qualsiasi tipo di scenografia e costumi. Infatti ad aiutarci a recitare c’erano solo quattro panche. L’espressività del corpo è stata fondamentale per far capire allo spettatore che cosa stava accadendo o che cosa si stava dicendo. Confrontarsi con i testi di Boccaccio con lo scopo finale di riportarli in uno spettacolo, è stata un’opportunità unica per capirli fino a fondo. (Tommaso)
Grazie ai suggerimenti di Braschi sono riuscita a mettermi nei panni della siciliana, assumendone la voce e i movimenti e mi sono divertita molto perché per qualche minuto ho provato ad agire, pensare e muovermi come farebbe un’altra persona per tornare in pochi secondi la Margherita che conosco. Esibirmi al teatro Fontana davanti ad un pubblico mi ha aiutato molto: ho capito che fare teatro mi aiuta ad esprimermi con sicurezza e non mi mette nessuna paura, anzi, se devo essere sincera, mi trovo a mio agio se sono sicura di ciò che devo fare, con la voce o col corpo. Probabilmente quando sono sicura dei miei gesti e dello scopo che essi hanno sono portata a dare il meglio di me anche se avere un pubblico di persone sconosciute, come è avvenuto il 18 maggio, può essere più difficile. (Margherita)
Lavorare tutti insieme ci ha insegnato a rispettare delle regole e dei tempi necessari per ottenere un buon risultato. Io interpretavo un servitore e sono stato felice che la mia scena abbia fatto ridere gli spettatori. (Tommaso)
Durante le prove dello spettacolo, il regista Braschi ogni volta che ripetevamo la stessa novella cambiava molte parti, e ogni volta che riprovavamo il pezzo, se non ci ricordavamo la parte si infuriava. Inizialmente questo atteggiamento non mi piaceva, perché non si poteva pretendere che ci ricordassimo tutti i cambiamenti come niente. Ma nel tempo mi sono resa conto che nella nostra vita spesso succedono cambiamenti senza che nemmeno si abbia il tempo di pensare, e ho pensato in un certo senso che Braschi ci stesse preparando per il nostro futuro nel mondo. (Sara)
Ci siamo accorti che molte delle difficoltà, che abbiamo avuto sul palco, derivavano proprio dall’insicurezza nel recitare dovendo parlare e raccontare una storia in una lingua che ormai non è più la nostra. Abbiamo avuto bisogno, infatti, di conoscere alla perfezione il significato del testo per poterlo trasmettere agli spettatori in modo da fargli capire l’episodio narrato e da farli immedesimare nei personaggi incontrati. (Teresa)
Recitare mi ha aiutata molto perché ho scoperto una mia dote che prima non pensavo di avere. Inoltre mi è piaciuto fare lo spettacolo perché anche quando ero sul palco e non toccava a me, ero comunque in scena e questo mi ha fatto sentire una del pubblico pronta a godermi le tre novelle. (Letizia)
Quando il sipario si è chiuso, alla fine del terzo spettacolo, ho provato una grande felicità e finalmente ho capito a cosa era servito tutto quel lavoro e quella fatica: soddisfazione per avercela fatta a mettere in scena un lavoro complesso e corale, essermi emozionato e divertito sul palco, avere visto compagni a scuola timidissimi affrontare la scena in modo sciolto e ragazzi più esuberanti avere le gambe tremolanti per l’agitazione. (Francesco)
Questo lavoro mi ha insegnato che posso essere me stesso anche interpretando un altro personaggio che ha modi di muoversi, intonazione della voce e sguardi diversi dal mio. (Pietro)
a cura di Alessandro Pezzulla