MART: alla ricerca di un nuovo linguaggio

09/11/2022
Prima di entrare al museo di arte moderna Mart, a Rovereto, la prof. Bruschi ci ha spiegato come stare davanti a ogni opera che avremmo visto: non dovevamo avere la pretesa di capirla subito, bensì dovevamo lasciarci toccare, lasciarci prendere, lasciarsi provocare.

Poi ci ha detto perché andavamo a vedere quelle opere: c’entravano con il Futurismo, argomento di studio all’inizio della classe terza. Ci ha spiegato che gli artisti in quel periodo avevano bisogno di trovare un nuovo linguaggio per esprimere una rottura con il passato, un cambiamento per provocare quelli che si trovavano davanti all’opera. Per fare questo avevano rotto i canoni, ovvero le regole, che l’arte aveva rispettato fino al ‘900.

Entrati nel museo, guardando la sua struttura, abbiamo capito che si tratta di un luogo dove le cose si incontrano, si scambiano, si intersecano; infatti, c’era un dipinto stampato molto grande circondato da scale che si intrecciavano.

La prima opera che abbiamo visto è stata: Nudo di spalle di Boccioni del 1909. In questo quadro c’è una donna di schiena dipinta con diversi colori con la tecnica del tratteggio. Subito abbiamo capito che il fatto che la donna sia girata di spalle significa proprio una rottura delle regole, mentre il tratteggio delle pennellate vicine e sovrapposte di tutti i colori ci dice che è come se la realtà fosse frammentata in “pezzi” che poi tornano insieme. Inoltre, l’opera sembra un’istantanea: la donna non è in posa.

Un’altra opera osservata è La carrozzella di Carlo Carrà del 1916. Questo quadro rappresenta un uomo su una carrozza trainata da un asino. Il disegno sembra quasi stilizzato, è semplice. Le ruote sono segno di un tentativo di movimento, infatti, il pittore ha tracciato dei segni al loro interno come fossero dei raggi. Manca lo sfondo come se quest’opera fosse sospesa nel tempo, non c’è profondità, la carrozzella è ferma e sospesa in un tempo e in uno spazio indefinito. I pochi colori e il contorno nero rappresentano l’esperienza del disegno che parte dall’infanzia, come se il pittore avesse nostalgia del passato.

Poi abbiamo visto: Ritratto di Madame M.S. di Gino Severini del 1913-1915. Questo quadro è realizzato con la tecnica del pastello, è un ritratto frantumato in pezzi. Si vede un disordine e ci siamo chiesti il perché; abbiamo pensato fosse una sorta di provocazione. La donna è brutta, ma nobile, il ritratto è evidentemente futurista. Guardando questo quadro in cui si vede molto bene il concetto della rottura dei canoni, un mio compagno ha fatto un’osservazione: “se l’artista non segue i canoni, automaticamente ne segue altri”.

Il pescatore di Mario Sironi del 1924-1925 è un’opera che accresce in chi la guarda la domanda: “chi è l’uomo?” In questo caso l’uomo è un pescatore. L’uomo è uomo quando lavora. Le sue mani sono strumento di fatica, ma anche di sopravvivenza, infatti, sta cucinando. Significativi sono anche i colori, il pesce che l’uomo ha pescato è blu come il mare e il cielo, simbolo di un “oltre”. L’uomo e tutto il resto, invece, sono marroni, fatti di terra. Per descrive quest’uomo si potrebbero usare molti aggettivi come stanco, deciso, rigido, solido…

Grazie al quadro I costruttori di Massimo Campigli del 1928 abbiamo potuto continuare il nostro ragionamento sull’uomo. Abbiamo capito che l’uomo non è uno, ma in questo caso è insieme ad altri uomini per costruire qualcosa. La fatica che gli uomini fanno singolarmente insieme diventa la speranza per costruire un’abitazione in cui stare insieme.

Nell’opera di Felice Casorati Beethoven del 1928 si vede una bambina il cui sguardo esplicita delle domande: Chi sei? Cosa è vero? Grazie al disegno di uno specchio siamo riusciti a vedere la bambina sia davanti che dietro. Poi c’è una chitarra senza corde e uno spartito di Beethoven che ci danno un’idea di ritmo e di ordine. Questo è un linguaggio ancora diverso che ci dice qualcos’altro sull’uomo, ovvero, che è anche qualcosa che non riusciamo a capire.

Infine, abbiamo visto il quadro Le forze della curva di Tullio Crali del 1930. L’opera presenta molte linee curve che sembravano in movimento. Si intravede un’auto che rappresenta la velocità. Tutte queste linee partono da un punto di fuga che è l’origine di questo movimento. Sembra anche che rappresentino il tempo come a dire che l’arte è dentro il tempo.

Questa visita ci ha fatto capire che ci sono modi diversi per esprimere la propria idea, ma soprattutto ci ha permesso di approfondire ancora di più l’argomento che stiamo affrontando a scuola attraverso i singoli artisti sui nuovi linguaggi espressivi del’ 900.

Caterina Chiesa

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