Il goniometro di platino

13/04/2023
Una proposta interessante che hanno fatto i professori di Arte e Tecnologia alle classi terze è stata quella di visitare l’ADI, il museo del design di Milano.

È uno spazio espositivo inaugurato nel 2021 che ospita tutti i pezzi vincitori del Compasso D’Oro, il premio che dal 1954 viene assegnato alle idee più creative e utili del design italiano sviluppatosi dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Nel dopoguerra vi fu un’intera generazione di persone che con la loro creatività realizzarono un cambiamento sociale: creare e inventare oggetti d’uso quotidiano con forme e materiali nuovi per “cancellare” la distruzione portata dalla guerra.

La mostra è strutturata in box con pannelli separatori grigi e gialli divisi per annata; nei box gialli viene mostrato un singolo oggetto che è particolarmente interessante, mentre nei box grigi ci sono delle collezioni di oggetti. È importante specificare che se un oggetto è nel box giallo non vuol dire che è arrivato primo ma solo che più speciale.

Essendo che troppi oggetti sono esposti per vederli in poche ore e raccontarli in un singolo articolo, ho deciso di elogiarne alcuni per le loro caratteristiche specifiche; in sostanza, mi prendo la libertà di assegnare un premio secondario: il “Goniometro di Platino”.

I premi per le idee più innovative (per l’epoca) vanno a:

  • la lampada Luminator (Achille Castiglioni, 1955), che era la prima del suo genere a spedire la luce verso l’alto per creare un’illuminazione più soffusa;
  • la lampada Eclisse (Vico Magistretti, 1967), che, attraverso un apposito disco concavo, permetteva di regolare il quantitativo di luce emessa;
  • il letto modulabile Abitacolo (Bruno Munari, 1979), che era un abitacolo per bambini munito di letto e posti in cui mettere vestiti e giochi.

I premi per le idee più geniali (a parer mio) vanno a:

  • l’orologio elettromeccanico Cifra 5 (Gino Valle, 1956), che rivoluzionò il metodo di leggere gli orologi tramite la sua comprensione facile e intuitiva;
  • la televisione Doney (Marco Zanuso, 1962), che rese l’intrattenimento e l’apprendimento televisivo portatile e meno costoso;
  • il condizionatore d’aria Candyzionatore (Joe Colombo, 1970), che era un primo modello di quell’oggetto che permette ancora oggi di rinfrescare le giornate più calde.

I premi per le idee più utili che vengono usate tuttora vanno a:

  • la caffettiera napoletana (Riccardo Dalisi, 1981), che tuttora ci permette di apprezzare un buon caffè con un retrogusto più casereccio;
  • l’autovettura Panda (Giorgetto Giurato, 1981), che fu una rivoluzione perché permise (e permette anche oggi) ai giovani che non guadagnavano molti soldi di avere un’automobile;
  • l’apparecchiatura odontoiatrica Isotron (Giugiaro Design, 1991), che consisteva in una poltrona con lo schienale reclinabile con attaccati gli strumenti dentistici.

I premi per le idee che hanno sostituito i loro predecessori vanno a:

  • il calcolatore Elea 9003 (Ettore Sottsass jr., 1959), che ridusse notevolmente le dimensioni dei calcolatori, che prima potevano occupare lo spazio di una stanza intera;
  • lo spremilimoni KS 1481 (Gino Colombi, 1957), che sorpassò il suo predecessore grazie all’uso della plastica, che lo rese meno costoso e più sicuro.

Molti di questi oggetti a noi non sembrano niente di speciale, ma per le persone dell’epoca erano una vera e propria rivoluzione. Pensate, cari i miei lettori, a immaginare la vostra vita senza oggetti della vita quotidiana: niente scolapasta, niente spremuta d’arancia senza un retrogusto metallico e neanche l’aria condizionata. Qui per me sta la meraviglia di fronte agli oggetti del museo: innanzitutto sono idee, sono strumenti, sono possibilità di cambiamento.

Siamo anche riusciti a ottenere una breve intervista alla nostra guida, Sara, che ci ha spiegato ogni opera con simpatia e interesse. Lei è una studentessa universitaria che ha iniziato a ottobre a lavorare al museo per fare un’esperienza che potrebbe guidare la sua strada verso il futuro. Al contrario di come qualcuno potrebbe pensare, Sara all’università non fa design, ma Scienze politiche; si è interessata all’argomento e ha scelto l’ADI come luogo in cui fare lo stage. Una delle cose che le piace di più del suo stage è osservare le opere, relazionarsi con i visitatori e, soprattutto, tentare di condividere con loro la sua passione. Il percorso di Sara è un esempio di come la scelta di uno specifico tipo di scuola arricchisca la nostra strada e il nostro percorso di formazione senza limitare le nostre passioni e precludere strade future.

Andrea Brindani

© Fondazione Sacro Cuore

Made by MEKKO.ch