Gennaio
Il giovane Remus, quella notte non riusciva a prendere sonno. Nelle stanze regali la sua coperta di seta ricamata gli sembrava una prigione, e quelle pareti, così riccamente decorate, un lucchetto per i suoi desideri di ragazzo. Senza far rumore si alzò dal letto e si infilò il suo mantello nuovo, e in men che non si dica era fuori, sul balcone del palazzo reale. Accarezzato dalla brezza primaverile, lasciò volare i suoi ricordi a quella sera di tre anni prima, quando sua madre prima di morire gli aveva confidato il segreto di famiglia. (…) Proprio in quel momento un nitrito proveniente dalla stalla sottostante lo risvegliò dai suoi pensieri, facendogli balenare in testa un’idea. La notte era chiara, la luna alta in cielo, intorno alle mura del castello, non c’era anima viva, solo una volpe tornava dalla caccia fendendo l’immacolato manto con le sue orme. Era un’idea pazza pensò Remus, avventurarsi tutto solo nella notte, in quella stagione i lupi erano ancora in agguato nelle grandi foreste dietro al regno di Avalon…
Giacomo
Quest’oggi l’aria è profumata di aghi d’abete e si ode solo il lieve richiamo dei cacciatori ai loro segugi. Sto indossando dei magnifici abiti di finissima seta rosso purpurea ed un copricapo. Con me c’è la mia sposa Elena che, con un vestito di seta verde speranza ornato da un orlo d’oro zecchino, se possibile è ancora più bella di quello che già è. Come ogni mese di gennaio, quando il parco intorno al nostro castello si riempie di una neve candida come gli Angeli di Nostro Signor, da generazioni la mia famiglia ha l’uso di ingaggiare una gaia partita a palle di neve.
Giorgio
Febbraio
Finalmente però è arrivato il mio mese preferito: febbraio, perché è quel momento in cui, una volta all’anno si organizzano i giochi di carnevale a cui partecipa anche mio fratello maggiore Salvo. Perciò io e le mie due più care amiche andiamo a vederlo mentre si scontra con altri cavalieri, tra cui i loro mariti. Questo impegno di assistere ai giochi di carnevale lo prendo tutti gli anni da quando è morto mio marito, perché lui aveva sempre sognato di partecipare alle gare, ma per donare un futuro migliore ai suoi figli non aveva mai trovato purtroppo i soldi per comprarsi l’armatura; perciò, assistendo di persona ai duelli è come se lo avessi per qualche ora accanto a me.
Anna
Era febbraio, l’inizio delle giostre, e sebbene fosse solo l’inizio dell’anno il caldo si faceva già sentire. L’arena era piena di cavalieri e le battaglie infervoravano, con grida, scalpiccii di cavalli e il fragore generale della folla come sottofondo. Gli ospiti come me erano stati stipati nella grande platea rossa e non mancavano i parlottii delle donne che mi affiancavano.
Caterina
Aprile
Era una calda mattinata di aprile, Gilberto si alzò dal letto e si preparò per la giornata che avrebbe dovuto affrontare. Scese verso la stalla dove lo aspettava il suo amico Raffaele, il pellegrino, insieme presero il bue per arare il campo dietro la foresta dei funghi. Per Gilberto il lavoro occupava gran parte della sua quotidianità. Soprattutto in quel periodo, bisognava lavorare tanto perché era la stagione del raccolto. Egli, dopo lunghe ore trascorse sotto il sole a faticare, tornò a casa facendo il giro largo, passando dal bosco dove si imbatté in un orso uscito dal letargo in cerca di cibo. Era abituato a sorprendere animali della foresta liberi e selvaggi, e amava molto questa vita a contatto con la natura. Una volta arrivato a casa sua, che era stata costruita dietro il pozzo, pranzò insieme a sua moglie e ai suoi tre figli, con del pane e del salame comprati dalla moglie al mercato in paese, e si mise a pensare alle faccende che lo attendevano in quel lungo pomeriggio.
Giovanni
Alberto è un pellegrino, un uomo taciturno e colto. Come tutti i pellegrini, cammina molto; ha un passo leggero ma veloce e difficilmente si stanca. Alberto è gentile e trova in tutto, anche nelle fatiche, una cosa bella. Ha un pantalone lungo bianco e anche la maglietta è bianca. Il bastone, suo fedele compagno, gli occupa la mano sinistra e la borsa con cibo e acqua la destra. Inoltre, in testa ha il suo inseparabile cappello bianco che nelle giornate calde come questa lo ripara un poco dal calore del sole.
Pietro
Maggio
Una calda e serena mattinata di maggio, Ettore si svegliò disteso su un’immensa pianura ricoperta di rose bianche. Quello stesso giorno, Ettore si sarebbe dichiarato alla sua amata Ginevra e quindi era importante vestirsi in modo elegante. Decise di indossare la sua abituale tunica azzurra con gli orli ricamati di stoffa rossa e tessuto oro. Prima di uscire si mise la sua corona dorata sui suoi folti capelli biondi. Ciò fatto, attraversò il castello con il suo solito passo fiero da principe e s’incamminò verso Parigi, città dell’amore cortese, dove si sarebbe visto con Ginevra e le avrebbe aperto il suo cuore. Attese sulla collina che si affacciava sulla città e, dopo poco tempo, scorse in lontananza la carrozza di Ginevra che si avvicinava. Sulla stessa collina, c’erano più coppie di amanti intenti a scambiarsi regali di valore. Per esempio, c’era una ragazza che posava una corona di fiori sul capo del suo cavaliere. Quando Ginevra scese dalla carrozza e gli venne incontro, lui l’abbracciò forte e la baciò delicatamente sulla fronte. Lei, sempre felice e raggiante, indossava un lungo abito di seta bianca; aveva i lunghi capelli color miele raccolti in una coda di cavallo che le ricadeva sulla spalla destra.
Nicola
Sono una nobildonna di nome Maddalena, ho 19 anni e abito, insieme al mio sposo, in una vasta tenuta con un giardino rigoglioso e fontane zampillanti. Tengo molto alla mia figura, mi piace curare particolarmente la mia chioma e il mio giovane viso. La mia capigliatura è molto semplice, mi piace infatti acconciare i miei lunghi e morbidi capelli biondi legandoli in una treccia. Per questa occasione di festa, ho deciso di indossare un sontuoso abito lungo dal tessuto leggero che mi copre le braccia. Ha un colore vivace che simboleggia la rinascita della Primavera. I rumori che odo sono di una giornata piena di vita: il cinguettio degli uccelli, le risate leggere delle dame, l’elegante musica di una lira. L’aria è fresca e profumata dai fiori freschi e dagli alberi in fiore; al mio naso risalta la nota pungente dell’erba appena tagliata.
Beatrice
Luglio
Suoni e rumori riempiono l’aria. Una grande sinfonia: il verso dei falchi addomesticati da uomini, il suono di reti gettate nell’acqua da instancabili pescatori, i rumori intensi delle falci vicine a me che tagliano incessantemente il raccolto. Tutto è in armonia. Tutto è in movimento, specchio della vivacità e prosperità della natura.
Sveva
Avevo appena finito di fare la mia passeggiata mattutina sotto il sole già caldo di luglio e dovetti subito rientrare per un evento importantissimo: accogliere un cavaliere appena tornato dalla guerra ed in visita presso la mia dimora. Di solito a me piace stare sola perché sono molto timida e di poche parole ma in questi giorni dovrò abituarmi al fatto di avere un ospite nella mia casa e starò spesso in sua compagnia. Egli è figlio di un caro amico di mio padre, di cui lui mi ha parlato spesso. Per l’occasione ho deciso di indossare un lungo vestito bianco con delle rifiniture rosa e di raccogliere i miei lunghi capelli con uno chignon ornato da un piccolo fiore bianco. Al suo arrivo si presentò un uomo dai modi eleganti, vestito tutto di rosso e avvolto in un lungo mantello di velluto anch’esso di colore rosso. Era un uomo della nobil corte che mi aveva portato in dono un fagiano appena cacciato da lui, in segno di cortesia e gratitudine per l’ospitalità che gli avrei offerto.
Noemi
È una calda mattina di luglio. Vicino al ricco castello del conte Bernardo c’è un villaggio con umili capanne: è un villaggio di contadini e pescatori. Poco lontano, alcuni contadini lavorano nei campi. Giovanna, che è nata e cresciuta in quei luoghi, sta rastrellando il fieno che gli altri contadini avevano tagliato. La giovane donna sta lavorando dall’alba. Come tutti i giorni, ha dovuto preparare la colazione per suo marito Guido, con cui è sposata da sette anni, e per i loro tre figli e ha dovuto sistemare la casa. Poi è uscita e ha iniziato a lavorare nei campi, mentre suo marito affila le lame delle falci. Continuerà a lavorare fino a tarda sera, quando dovrà preparare la cena e pulire la casa. Giovanna è molto stanca e affaticata, per questo non vede l’ora di riposarsi un po’. Per la stanchezza non parla molto, ma, qualche volta, chiede ai contadini qualcosa riguardante il lavoro o racconta loro dei suoi figli. Per rallegrare un po’ la giornata, ogni tanto intona insieme ai suoi compagni di lavoro un canto popolare.
Matilde
Agosto
A Trento, in agosto, per noi cittadini il lavoro è molto stancante. Ognuno di noi ha il proprio dovere: le donne che non hanno ancora un marito e gli uomini lavorano nei campi e portano il grano raccolto nelle case, mentre le donne sposate, come me, fanno i lavori domestici come preparare da mangiare e fare il bucato. In questo momento sto andando al pozzo e successivamente andrò mercato per prendere da bere e da mangiare per la mia famiglia. Il mio nome è Joanna, sono vedova da molti anni ormai e ho cinque figli. Non sono nobile purtroppo; loro sì che se la godono con i falchi, i loro bei vestiti e i loro servi, e sembrano volerci far pensare che loro sono superiori a noi. In termini di ricchezza può anche essere vero ma come umanità no, proprio no. Alla fine, la verità è che i nobili li detesto, soprattutto quelle due sorelle, Elisa ed Elena, le cui risate sono veramente irritanti. Qualche volta le sentiamo addirittura prenderci in giro dal mastio, che si affaccia sulla città. Penso che ridano di noi poveri contadini per come andiamo in giro, con i nostri umili abiti e la nostra camminata stanca e appesantita.
Giovanna
Valerio Flacco, aveva lo sguardo fisso su una mela. La teneva stretta nella mano come se volesse schiacciarla. Stava pensando a cosa ci facesse una lurida mela marcia in mezzo ad un bel prato pulito, curato e senza alberi. Era fermo da molto tempo nello stesso punto, e il suo sguardo, che prima era schifato da quel frutto, adesso sembrava pieno di curiosità. Il suo colore gli ricordava con nostalgia i campi di grano di una sua proprietà, vicino al suo castello. Ma lui ne era lontano da molto tempo. Flacco, infatti, era un nobile proveniente da una famiglia ricca delle terre del Nord. Era facile riconoscere le sue origini perché a differenza dei contadini aveva un abito più pregiato: vestiva con una tunica di pelle molto elegante di varie sfumature di colore sul rosso e sul marrone. Aveva i capelli a caschetto e un cappellino rosso da marinaio. Quel cappello che aveva comprato nel porto di Costantinopoli molti anni prima in uno dei suoi viaggi … Era lì in una delle sue pause pomeridiane, in cui si appisolava sotto un albero e guardava sconvolto i poveri contadini mentre si asciugavano il sudore che scendeva giù per il loro collo. Mentre pensieroso, guardava la sua mela, Flacco vide passare di fianco al recinto del suo giardino una giovane donna che portava un grande e pesante cesto in testa e due borse in mano. Lo colpì la sua forza e il suo viso gli ricordò quello di sua moglie che non vedeva da molto tempo. In quel momento un pensiero gli scoccò in testa: perché continuare a viaggiare? Perché continuare a cercare se aveva già la cosa più importante? Decise dunque, per la grande nostalgia, di tornare nel suo castello dalla sua amata.
Martino
Settembre
Stamattina ero davvero stanca perché ieri io e la mia famiglia siamo stati invitati da alcuni nobili di una città lontana e alla fine dopo la festa siamo arrivati a casa che era quasi mezzanotte. Mi sono finalmente svegliata grazie a un bel venticello che è entrato dalla finestra. Quel venticello era come un segno che mi chiamava ad andare a caccia nel bosco. Mi sono vestita velocemente. Oggi, per esempio, mi sono messa degli abiti pregiati del colore blu opaco molto bello. Ho i capelli biondi e mi piace molto pettinarmeli, ma oggi per il caldo ho indossato un turbante bianco per proteggermi il capo dal sole. Oggi, come ho già detto, penso che andrò a caccia nel bosco e magari anche con il mio cavallo, e con il mio falco. Dopo i caldi mesi d’estate passati dentro nel palazzo a ricamare sono talmente felice di essere libera e all’ aperto che per poco non sono caduta dalle scale. Sono appena arrivata nella stalla e ho trovato una grandissima sorpresa che mi aspettava. Era la mia migliore amica Isabella. Noi ci conosciamo già dall’infanzia ma ci siamo frequentate poco perché lei si è trasferita in un’altra città. Sono piena di gioia perché recentemente è tornata a Trento. Dopo esserci salutate e raccontate come era andata l’estate, abbiamo a deciso di andare a caccia insieme. Anche lei come me è uno spirito libero amante della natura selvaggia.
Benedetta
È finita l’estate e mi ritrovo nella città in cui sono stata molti anni fa: Trento. Spesso ho cambiato dimora a causa dei viaggi di lavoro di mio padre, che è un mercante di stoffe. Così mi preparo per andare con la mia amica Valentina nel bosco a caccia di lepri. Mentre camminiamo, sempre con il mio servitore accanto a noi, vediamo dei figli di nobili nostri amici. Uno di loro, quello con i capelli color oro e gli occhi color pece tra qualche anno sarà mio marito, e di questo non sono molto contenta perché lui rispetto a me è molto più tranquillo non è un tipo che va sempre in cerca di avventura. Dopo alcuni minuti di cammino nel bosco ci fermiamo davanti ad una quercia che mi ricorda il luogo in cui io e Valentina ci siamo incontrate: è iniziato tutto una fresca mattina di settembre più o meno dodici anni fa, quando ancora bambina ero proprio in quei prati a raccogliere dei ciclamini per portarli a mia madre. In quello stesso istante Valentina stava andando a prendere dei giacinti per portarli a sua madre. Lì era iniziata la storia della nostra amicizia.
Maria
Ottobre
Eccomi finalmente qui. Allargo le braccia e chiudo gli occhi per sentire l’odore dei vigneti, del mosto, dei campi e dell’ultima pioggia. È veramente ottobre. Il sole del tardo pomeriggio mi splende in faccia, i miei lunghi capelli biondi vengono scossi delicatamente dal venticello che annuncia l’arrivo dell’autunno, il lungo elegante vestito verde da dama sfiora il terreno ancora umido. Cosa ci farà con un vestito da dama in un vigneto, in campagna, sembrano chiedersi i contadini. Non vedete questa bella giornata? Prima del lungo inverno la sottoscritta vuole godersi l’ultimo sole autunnale, la festa gioiosa della vendemmia, il delizioso sapore dell’uva e la preparazione del vino. E, ufficialmente, controllare il lavoro dei contadini del campo della mia nobile famiglia per conto di quest’ultimi. La vendemmia per noi è uno strano momento dell’anno perché, per una volta, contadini e nobili sono insieme per uno scopo comune: quello di raccogliere l’uva per ricavarne il vino che rallegra le vite di tutti nel lungo inverno che sta per arrivare. Una famiglia di contadini, alcuni molto giovani, lavora nei filari vicini a quello in cui ci troviamo. Un bel giovane sdraiato sull’erba continua a posare lo sguardo su noi due, e così fa una contadina che di aspetto sembra molto gentile, ma il cui sguardo è veramente duro. Questi due sguardi sono molto diversi: infatti se il primo sembra guardarmi ammirante e con una consapevolezza di inferiorità di ceto sociale, la seconda sembra disprezzare il mio vestito ancora pulito e i lunghi capelli nobili di cui vado molto fiera. Assaggio l’uva.
Cecilia
Il sole era ancora nel cielo ma le grandi rocce già riflettevano i colori del tramonto, mentre l’uva colorata come una foglia d’autunno veniva raccolta dai contadini. Infatti, sia gli abitanti di Trento che i nobili del castello erano impegnati nella vendemmia; la giornata volgeva al termine e tutti si affrettavano a finire il lavoro. Una donna bella e alta era inginocchiata a terra e stava raccogliendo l’uva; Matilde aveva il suo solito vestito bianco e sporco per il lavoro e i suoi lunghi capelli erano chiusi in un velo per proteggere la testa dal vento e dal sole. Come ogni giorno sarebbe andata al mercato di Trento a comprare le mele che le piacevano tanto e poi sarebbe tornata a casa. Ora Matilde stava osservando un piccolo acino di uva con i suoi grandi occhi castani.
Cecilia
Novembre
In una fredda mattina di novembre, dopo essersi svegliato, Amadeo si vestì e si preparò. Quel giorno avrebbe portato con sé anche la sua lancia perché cominciava la stagione della caccia. In quel periodo pioveva molto e spesso quindi appena uscì, guardò il cielo e ringraziò il Signore per quella bella giornata. Lui da piccolo era un bambino spesso incompreso dai suoi coetanei perché essendo rimasto orfano di padre e non avendo una madre benestante era una preda facile. Per questo motivo, all’età di quindici anni scappò di casa e diventò uno dei cacciatori migliori della regione, trovando così il suo posto, il luogo dove sentirsi al sicuro. Lì, nei boschi, nel chiarore del mattino, nessuno poteva disturbarlo. Non era più lui la preda: lo erano le bestie che doveva catturare. Anche quel giorno la cacciagione fu molto ricca, infatti Amadeo uccise due caprioli e un cervo, che avrebbe dovuto portare alla corte del re.
Davide