L’incontro tra due sguardi: un dolore condiviso.

02/05/2022
Alcune interviste per poterci rendere conto di come la guerra in Ucraina tocchi anche noi.

Nei salotti della televisione si discute spesso della situazione in Ucraina e le informazioni che ognuno di noi può recuperare su ciò che sta accadendo sono tante; eppure, pur essendo invasi da tutte queste notizie, non siamo in grado di incontrare il dolore di uomini, donne e bambini che sopportano il gelo e la stanchezza sotto i bombardamenti.  

Il popolo patisce queste sofferenze da anni, come in Donbass. 

Durante l’inverno del 2014 scoppiarono delle violente manifestazioni di piazza contro il neopresidente Viktor Janukovyč. Le proteste sfociarono in una rivoluzione e, infine, nella fuga e lo stato di accusa del presidente. Il leader condivideva infatti affinità ideologiche con la Russia. Perciò la dittatura del presedente Putin lo desiderava al potere, avendo sempre considerato l’Ucraina sotto la propria “sfera d’influenza”: anche a seguito della caduta del muro di Berlino nel 1991 con la dissoluzione dell’Unione Sovietica i due stati avevano mantenuto legami. 

Da allora molti ucraini vogliono abbandonare l’ideologia sovietica per incontrare l’Occidente; quindi, l’alleanza delle sponde bagnate dall’oceano Atlantico. Infatti, dopo la rivoluzione si è istaurato un governo filoeuropeo non riconosciuto da Putin, che considera i nuovi potenti degli impostori.

La Russia, infatti, si è opposta già nel 2008, dal summit di Bucarest, dove la Nato ha concesso all’Ucraina e alla Georgia di iniziare le pratiche per l’entrata in questa alleanza, ponendo però alcune condizioni.

Le tensioni non si sono allentate e all’alba di martedì 24 febbraio l’esercito russo ha invaso il cielo ucraino di aerei.

Ancora oggi alcuni civili stanno emigrando in occidente, sfidano il confine portando con loro solo il necessario: nelle ore precedenti hanno dovuto comprendere cosa fosse l’essenziale nella loro vita, cosa mettere in valigia.

I profughi giungono nelle nostre case, molto lontane dai bombardamenti ma allo stesso tempo vicine. Per comprendere come la storia tocca anche noi, incontriamo le testimonianze di alcuni dei nostri compagni e professori che ospitano dei rifugiati.

Interviste
  1. Cosa significa per te convivere con persone ferite dalla guerra? Stare con loro ti aiuta a comprende meglio ciò che sta accadendo?

Per me vivere con loro vuol dire accogliere delle persone che hanno bisogno di aiuto. Non mi hanno mai parlato apertamente della guerra, ma mi colpisce che ogni mattina mamma Svetlana, chiami il marito per sapere come stanno lui e il figlio.

Cecilia Sturaro

Non vogliono sapere cosa succede, sentono solamente i loro parenti e i loro amici a cui sono molto legati. Quindi io dal punto di vista tecnico non conosco di più, però le notizie che ricevo sono diventate scottanti perché i feriti sono uomini che io conosco. Vivo ciò che sta succedendo in modo più serio e doloroso, rendendomi conto che la soluzione non è la guerra, come dice il Papa.

Benedetto Grava

È molto significativa per me questa convivenza perché riconosco che queste persone, semplici come me, hanno bisogno d’aiuto. Stare con loro mi permette di conoscere più profondamente le ferite che lascia la guerra.

Filippo Scarfone

2. Come e per cosa comunicate principalmente? Quali sono i loro bisogni essenziali?

Inizialmente comunicavamo solo per capire cosa avessero bisogno in quel momento, ma poi è nato il desiderio di stare insieme. Ci hanno iniziato a raccontare cosa hanno fatto nella giornata, ciò che a loro piace, come sta la loro famiglia in Ucraina. Ci poniamo reciprocamente delle domande, diventando sempre di più amici.

Cecilia Sturaro

I primi giorni comunicavamo poco e solo per lo stretto necessario. Dopo qualche settimana, il dolore si è mutato nel desiderio di conoscere, hanno incominciato a parlare liberamente e a fare degli esercizi di italiano.  Mi ha colpito il modo in cui è cambiato il nostro rapporto, il loro bisogno è quello di vivere normalmente. Il ragazzo, per esempio, ha bisogno di andare a scuola e la madre di essere di aiuto. Avere qualcuno con cui poter giocare o parlare.

Benedetto Grava

Comunichiamo con Google traduttore, inizialmente solo per i bisogni essenziali (cibo, organizzazione della giornata), ma con il passare del tempo stiamo diventando amici. Hanno   bisogno di vivere normalmente la giornata.

Filippo Scarfone

Di Vittoria Vincenzi

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