Santi del XVI secolo

04/04/2022
Come compito di storia abbiamo dovuto scegliere un Santo del XVI secolo e leggere la sua storia, capire come la sua vita è cambiata, per poi rispondere alla domanda: “Come questi uomini hanno saputo interpretare i bisogni del loro tempo e quindi rispondere all’esigenza del mondo in cui vivevano?”

Ognuno di noi, una volta conclusa la lettura, ha raccontato alla classe le storie di questi santi rispondendo alla traccia. Gli uomini che abbiamo incontrato sono: San Carlo Borromeo, San Filippo Neri, San Francesco Saverio, San Tommaso Moro, Sant’Ignazio di Loyola.

San Filippo Neri

San Filippo Neri ricevette una buona istruzione, ma abbandonò gli studi e andò a Roma per vivere una vita di sacerdote. A quel tempo la chiesa era in un momento di corruzione; ma lui per contrastare questo smarrimento, incominciò ad aiutare i giovani e formerà una confraternita di laici.

Filippo è un sacerdote che rappresenta la riforma dal basso che consiste nella carità verso i bisognosi. Faceva cantare e divertire i ragazzi e li educava anche con i principi della chiesa. Diceva che i ragazzi potevano utilizzare il canto per la conversione. Infatti, egli scrisse LE LAUDE FILIPPINE: canti polifonici ma con parole semplici e comprensibili da tutti.

San Francesco Saverio

San Francesco Saverio risponde ai bisogni del suo tempo capendo che c’è bisogno di una compagnia, e una volta trovata egli è inarrestabile. Continua a portare il Vangelo nel mondo anche davanti alle difficoltà e aiuta il Papa nelle guerre di religione.                                                                                                            

San Tommaso Moro

San Tommaso Moro era un uomo di fede, umile e colto, grande studioso che lavorava alla corte di Enrico VIII d’Inghilterra. Donava ciò che guadagnava per chi era in difficoltà e per immedesimarsi nei bisognosi la sera si vestiva da povero e cantava nel coro della Chiesa. In punto di morte Tommaso esprime la sua paura, questo lo rende umano e vicino a tutti noi.

Gli venne chiesto di firmare l’Atto di Supremazia di Enrico VIII, documento con il quale il sovrano si propone come guida della Chiesa d’Inghilterra, ma Tommaso si rifiuta. Non dichiara, però, la sua avversione per lo scisma perché teme di morire martire. Viene poi imprigionato nella Torre di Londra e alla fine della sua vita si consegna a Dio.

Sant’Ignazio di Loyola

Riceve un dono, l’incontro con Gesu’ e questo dono lo porta in tutto il mondo. Non aspetta che qualcuno vada da lui, ma si muove lui stesso verso le case delle persone bisognose. Attraverso il suo incontro in ogni persona avveniva un cambiamento. Persino lo studio per Ignazio era occasione per poter capire di più i bisogni che hanno le persone che incontrava. Egli fonda la compagnia di Gesù per evitare che i fedeli si smarriscano e perché possano ritrovare la fede autentica.

San Carlo Borromeo

San Carlo Borromeo vive nel periodo del Concilio di Trento, ed è subito avviato alla carriera ecclesiastica perché nipote di papa Pio IV. Diventa vescovo di Milano nel 1564 ed è un vescovo molto severo, ma ciò che chiedeva ai fedeli era giusto, tanto che quando muore tutti i milanesi volevano vederlo perché lo credevano già Santo, aveva genialmente capito che un vero popolo cristiano non crede solo con la testa, ma anche col suo corpo, con gli occhi, con le mani…”. Inoltre, era molto presente nell’educazione di preti e seminaristi costruendo seminari e chiese, Carlo pensava che da decenni gli arcivescovi pensassero più al denaro che allo Spirito Santo; quindi, durante la sua carriera ecclesiastica cerca di insegnargli nuovamente la fede autentica. Si dedica anche all’educazione dei ragazzi perché diceva che la buona educazione era quella che ti avvicinava di più a Dio. Carlo sa rispondere al bisogno di aiuto dei milanesi nel periodo della peste. A quelli che avevano preso la malattia egli diceva che “la peste distruggeva sia anime che corpi e che, come la Misericordia di Dio, salvava le anime, salvava anche i corpi.” La sua parola era humilitas”, umiltà proprio come lo ricordarono i milanesi, umile: “La candela per dar luce agli altri deve bruciare sé stessa… così dobbiamo fare anche noi”.

Un’intervista speciale

Mi chiamo Caterina, sono una giornalista della redazione di you and media e per questo lavoro ho scelto di intervistare un caro amico di famiglia, guida del seminario di San Carlo Borromeo a Roma, per farmi raccontare cosa c’entra ciò che fanno loro oggi con il modo di rispondere ai bisogni del mondo in cui viveva di San Carlo Borromeo. Lui mi ha raccontato innanzitutto del fatto che sono una Fraternità missionaria e che quindi hanno case in giro per il mondo per portare Cristo. Un bisogno a cui rispondono in particolare è quello della solitudine; infatti, vogliono far vedere alle persone sole quanto è bello stare insieme e che c’è un posto anche per loro in questa felicità. Il momento in cui un prete parte per la missione è infatti molto importante: viene suonata una campana e tutti coloro che sono nel seminario escono per salutare il prete che parte.  Poi mi ha parlato della parola umiltà. Mi ha detto che essendo lui la guida del seminario ha la stessa vocazione di San Carlo ovvero quella di educare preti e seminaristi. Quindi vorrebbe essere umile come lui e lo chiede a Dio ogni giorno, perché mi ha svelato che anche San Carlo lo chiedeva a Dio, perché solo chiedendolo si può diventare umili!

Caterina Chiesa 

Diego Vaccariello 

© Fondazione Sacro Cuore

Made by MEKKO.ch