Perché siamo qui? Cosa dobbiamo fare? Cosa abbiamo scoperto? Con queste tre domande si è aperta l’uscita in Liguria delle seconde medie. Questi spunti ci hanno messo al lavoro per continuare il nostro percorso dell’orientamento attraverso la poesia e il disegno. In particolare siamo stati di fronte al mare perché può suscitare molte parole per descriverlo e il suo movimento e colore può essere riprodotto con diverse tecniche pittoriche. Lo abbiamo interpellato, come i poeti di cui abbiamo letto i componimenti e anche noi abbiamo cercato di cogliere il nesso tra la realtà e il nostro io, fatto di domande e desideri forti in questo momento della nostra vita.
Per descrivere i vari momenti della giornata che i poeti dividono in 4 momenti principali, alba, mezzogiorno, tramonto e notte, abbiamo letto e analizzato poesie già in classe, affinchè potessimo entrare nel linguaggio poetico. Ci siamo accorti che per spremere a fondo una poesia bisogna osservare le parole con un pizzico di originalità; nella poesia “Ricordo”, c’è un verso che ne è il chiaro esempio: “Nell’ora in cui l’aria s’arancia”. “Arancia” non si riferisce solo al colore del cielo, ma anche a delle sensazioni: a quell’ora nell’aria senti una freschezza ma allo stesso tempo un’asprezza data dalla fatica della giornata. Questa stessa stanchezza ti irrigidisce le mani e ti fa sentire come se sotto le dita ci fosse della buccia di arancia. Si sente come uno spessore nell’aria che ricorda proprio quello della buccia d’arancia.
Arrivati a Portovenere la professoressa Iuliano ci ha posto le tre domande su cui avremmo lavorato nei due giorni, poi per poter entrare in profondità e stupirci “per rimanere imbambolati davanti alle cose” (citando Flanney O’Connor) ci siamo divisi per classi e abbiamo creato una tavolozza di parole e colori attraverso diversi linguaggi.
Innanzitutto ci siamo appostati sugli scogli davanti al mare e abbiamo letto la poesia: “Gloria del disteso mezzogiorno”. Questa poesia descriveva esattamente il momento della giornata in cui eravamo, sentivamo “l’arsura” e vedevamo la luce che rendeva “le parvenze falbe”. Per poter fare tutto ciò dovevamo trovare il punto ideale per ascoltare il rumore del mare e cercare di trovare le parole che più lo descrivessero.
Poi abbiamo provato a “fotografare i versi” delle poesie che leggevamo per rintracciare nella realtà quello che scriveva il poeta immedesimandoci con ciò che lui stava vivendo. Infine, abbiamo sperimentato diverse tecniche di disegno a partire dallo schizzo: provare a disegnare ciò che avevamo davanti a noi focalizzandoci su un punto preciso.
Al tramonto sulla terrazza del monastero abbiamo letto la poesia “E ancora” che racconta di una puntura di nostalgia che il poeta vive alla fine della giornata. La puntura, anche se è un male quasi irrilevante, si sente. È come se fosse un segnale che chiede di essere guardato, chiede che quella nostalgia sia presa sul serio: ti troverò stasera? Il componimento si chiude con questa domanda. Per il tramonto abbiamo usato gli acquerelli. Poi c’è stato un momento di silenzio prima dei canti in cui ci è stato chiesto di spegnere tutte le luci per accorgerci di come tutto intorno a noi stava cambiando.
La mattina ci siamo svegliati alle 5 per vedere l’alba: anche in questo momento tutto è cambiato, dai colori, alle forme e alle luci. Abbiamo potuto scrivere poesie e fare disegni e ci siamo sorpresi di come ci venissero in mente molte parole per descrivere quella strana bellezza che avevamo davanti.
Il pomeriggio abbiamo fatto un momento di giochi tra sezioni e un bagno in mare divertendoci coi compagni di tutte e tre le classi. Infine ci siamo ritrovati per un’assemblea conclusiva. Il momento di condivisione delle scoperte fatte anche dai compagni è stato una grande ricchezza io, Andrea, ho scoperto che le descrizioni dei poeti possono essere veramente ritrovate nella realtà. La bellezza non è solo un concetto poetico e impossibile, ma può essere scoperta e apprezzata. Mentre io, Caterina, ho fatto una semplice scoperta: vedere come un poeta si metteva davanti a ciò che anche io stavo sperimentando mi ha aiutata a trovare il mio modo di descriverlo. Ognuno di noi in questi due giorni ha risposto personalmente alle domande con cui abbiamo iniziato la gita, e così ha scoperto infinitamente di più di quanto si aspettava, di sé e del mondo.
Anche noi siamo stati mendicanti, prendendo in prestito le parole di Caproni, in cerca di bellezza, di meraviglia, di trovare un modo per stare di fronte alle nostre domande.