LA SUA VITA IN UN FLASH
Prima di concentrarci sulle opere in sé, la direttrice del museo, dott.ssa Nadia Righi, ha fatto un’introduzione su chi è Elliot Erwitt: nato nel 1928 da una famiglia russa ebrea, ha subito le persecuzioni del regime nazista, motivo per cui si è dovuto trasferire in America, a Los Angeles. Lì, anche grazie a suo padre, è entrato in contatto con il mondo dell’arte, il particolare quello della fotografia. Dopo numerosi servizi fotografici per vari giornali è stato notato da Robert Capa, il fondatore dell’agenzia Magnum Photos, famosa per essere una delle prime a promuovere il diritto d’autore.
Da qui la sua popolarità sale alle stelle grazie alle sue enormi doti in campo fotografico e grazie alla sua filosofia riguardo agli scatti: per lui ogni cosa è degna di essere fotografata e, più in generale, osservata; per capirlo bisogna guardare la realtà con una grandissima curiosità e interesse.
Osservando una sua qualsiasi foto è difficile capire se è preparata oppure casuale, ma questo non è importante, perché il fatto che sia costruita non le toglie valore. I fotografi, come i disegnatori, hanno la capacità di “Modificare la realtà”: usando la prospettiva, dando un contesto a piacere o modificando la foto possono darci un’idea diversa dalla realtà. Come ritrarre una piazza semi-vuota dal basso per far sembrare che ci siano più persone. In fin dei conti, la fotografia è in parte interpretazione.
STORIE COLORITE IN BIANCO E NERO
Uno dei tratti caratteristici di Erwitt è quello di fare prevalentemente foto in bianco e nero. Dietro ogni sua foto c’è una storia, che non sempre però il fotografo ha esplicitato, lasciando campo libero a noi che la guardiamo. In una delle sue foto si vede una coppia che si sta per sposare con il testimone del marito che ride, mentre lo sposo sembra interdetto e la sposa preoccupata. Possiamo immaginare che il testimone abbia fatto una battuta, che ha messo in crisi lo sposo, sui problemi dello sposarsi, mentre la moglie fulmina con lo sguardo l’amico per lo scherzo poco gradito.
Onestamente, prima di visitare la mostra, non pensavo che mi sarei interessato tanto, ma adesso capisco che anche una fotografia “statica e di altri tempi” ci può comunicare qualcosa di significativo anche a noi studenti di terza, prossimi alla scelta della scuola superiore. Ma ora sta a voi, lettori di YOU&MEDIA, guardare le immagini qui riportate e immaginarvi la storia dietro a ciascuna di esse.