Caro Giacomo Mazzariol,
Sono uno dei tanti lettori del suo libro. Non è la prima volta che mi finisce tra le mani un libro trattante storie simili a quella che lei ha vissuto con Giovanni. Della sua esperienza ho capito molte cose, cioè che la sua storia è da interpretare come una vera e propria avventura. Leggendo il suo libro mi sembrava di essere lì e mi sono immedesimata in tutto ciò che i ragazzi vivevano. Mi ha colpito il modo in cui lei ha affrontato la malattia di suo fratello, senza la finzione che sia stato tutto facile, riuscendo a comunicare al lettore l’autenticità della sua fatica e di questa sindrome. Mi è piaciuto come, dopo aver nascosto suo fratello agli altri, ha trovato coraggio e lo ha detto ai suoi amici perché, da quel momento, non lo ha più nascosto andando incontro alle prese in giro di cui aveva paura. Una cosa che mi ha fatto riflettere sono le pagine in cui descriveva le giornate con Giovanni e mi sono accorto quanta felicità e allegria trasmetteva a lei e a tutto il mondo che lo circondava.
Un episodio che mi ha colpito è quando lascia il video di “colloquio di lavoro” così com’è, perché sono gli errori che fanno andare avanti, nonostante il video non fosse venuto professionale.
La ringrazio per avermi fatto vedere con occhi diversi il mondo di queste persone e la loro sensibilità.
Tratto dalle lettere di:
Lorenzo Ciolli, Lucia Mari, Sofia Pogliaghi, Giovanni di Chio e Miriam Ornaghi, Mattia Livio